Una sala piena di gente
ed io che recitavo
il grido delle mie liriche.
Di me stesso non c’era nulla,
solo l’inutile plauso
che riempiva le mie mendiche mani d’attore.
Posavo lo sguardo
su quella donna
seduta in penultima fila.
Ella raccolse i miei tormenti
e se li portò via
nei suoi occhi involati altrove.
Fuori s’abbelliva Matera
e gli amanti leggevano nei cieli
la precarietà delle loro storie
mentre correva l’illusione e lo stupore
fra le strade sconnesse del mio cuore.
M’applaudivano agli epiloghi dei miei amori
e raccolsero le mie brame
fra le rive dei loro sorrisi,
fui il cantore di una sera
e poi via..di nuovo nella folla
con le mie frecce e gli scudi
in questo vivere che mi da guerra.
Ritornate anche voi nella folla, gente
come statue animate dai sogni
e lasciate che io veda le vostre orme
rifiorite nel fango dei miei giorni.
Ritornate ad applaudirmi
dal palco delle vostre memorie
e sarò per voi le tenera onda
o il ricordo che non fa male
simile al fiocco di neve sulla rosa.
Una sala piena di gente
ed io che recitavo
il grido delle mie liriche.
Carmelo Caldone
Questo fa un poeta, un uomo che tratta la parola come se stesso, va per le strade con arco e frecce e le scaglia per colpire l’uomo della folla, che poi si imbeve delle parole e plaude l’emozione che quelle parole hanno risvegliato. Come in me.
ho letto le tue poesie sono molto belle e trasmettono emozioni……Sara